Ritratti di viaggi

Un progetto che fa capo alla tecnica dell’appropriazione fotografica.

L’arte dell’appropriazione è diventata una delle strategie più provocatorie utilizzate dagli artisti durante gli anni ’80. Il mezzo fotografico è stato parte integrante di questo metodo come lo strumento più efficace per consentire agli artisti di entrare in possesso delle immagini esistenti.

In un’era in cui veniamo inghiottiti dall’immagine, essere fotografi comporta delle responsabilità: non possiamo più solo limitarci a produrre, senza pensare all’effetto che tale azione ha su di noi e sul mondo che ci circonda.

Un giorno ho ritrovato alcune fotografie dimenticate dentro una macchina compatta di mio padre, che di mestiere fa il camionista e quindi ha l’opportunità di viaggiare molto.

Queste fotografie sono aumentate di numero, nell’arco degli anni, fino a far prendere vita ad un vero e proprio archivio, generato inconsapevolmente.

Alcune inquadrature mi hanno incuriosito particolarmente, da un punto di vista estetico. Tale attrazione per questi scatti, alcuni ‘accademicamente’ sbagliati, è dovuta ad una proiezione di tipo culturale che ho saputo attuare, grazie alla mia formazione come fotografa.

Il prelievo, attuato da una piccola Nikon compatta, è quindi stato fatto in maniera mirata. Ho identificato poi specifici dittici, che sono riportati in sequenza all’interno di questa pagina.

Quante volte ‘dimentichiamo’ la fotografia? Quante volte la sua produzione è volta al solo scopo di essere abbandonata all’interno di dispositivi, che non gli ridaranno mai una seconda vita?

Dentro la borsa di mio padre ho saputo ricostruire un piccolo racconto, composto da elementi prelevati da tanti viaggi: essi danno vita ad un nuovo ritratto, grazie alla mia produzione artistica.


In merito a questa tematica, consiglio la lettura del testo johachim schmid e le fotografie degli altri. Tutto il libro riflette, partendo dall’opera del celebre artista Johachim Schmid, sulle questioni riguardanti la (sovra)produzione di immagini, la loro diffusione e il loro “riciclo”.

Investiamo molto più tempo ed energia nel fare foto che nel guardarle.

[…]

I nostri hard disk sono sempre più pieni di immagini in attesa, di immagini non viste, insomma di immagini “invisibili”.

johachim schmid e le fotografie degli altri – a cura di roberta valtorta